martedì 31 dicembre 2013

Prerequisiti per la recita dei Mantra nella tradizione Vedantica

Il Guru che offre il Mantra al proprio discepolo deve appartenere ad una linea discepolare autentica (parampara). Il Mantra autentico è parte del Veda originale e non è mai inteso per essere usato isolatamente. Oggi, purtroppo, anche la cosiddetta spiritualità si è trasformata in un settore economico, è scivolata nelle mani di persone che ne fanno un uso commerciale. In assenza di custodi onesti e legittimi i Mantra sono prescritti nel modo più bizzarro da astrologi, maghi, yogi e cosiddetti guru per soddisfare le loro esigenze egoistiche. Inutile dire che i Mantra sono diventati strumenti per sfruttare le persone ignoranti. I rishi ci hanno informato  su alcune procedure da seguire per l’uso appropriato del Mantra. Questo include un impegno formale nella forma di 'Sankalpa', alcuni movimenti e gesti nella forma di 'Nyasa', la creazione di uno scudo protettivo nella forma di 'Kavacha' e offerte al Devata nella forma di 'Arghya'.

Sankalpa: Sankalpa rispetto al Mantra Sadhana, significa un impegno formale sul piano della propria Sadhana. Una dichiarazione di Sankalpa contiene generalmente la propria identificazione. Questo nella maniera vedica comprende il proprio nome, il proprio lignaggio cioè, Gotra , Shakha ecc. Poi la promessa di cantare il Mantra regolarmente per una durata particolare e un numero di volte preciso. Il Sankalpa deve essere indirizzata al Devata del Mantra.

Nyasa: Nyasa è un importante fase preparatoria del Mantra Sadhana. E' in un certo senso un 'riscaldamento' e la sessione di 'pulizia' prima di intraprendere il canto del Mantra. Il sadhaka mentre esercita Pranayama, tocca diverse parti del suo corpo fisicamente o visualizzate mentalmente a seconda del tipo di Nyasa da lui adottato.
Ci sono diversi tipi di Nayasa: Kara Nyasa, Anga Nyasa, Hridayadi Nyasa, Rishyadi Nyasa, Panchatatwa Nyasa, ecc. L'obiettivo primario è quello di aumentare il processo di assorbimento nel canto del Mantra e del suo Devata.

Kavacha: Kavacha è lo scudo immaginario da creare per la protezione del sadhaka durante il Mantra Sadhana. E' molto importante perché, il sadhaka perde il senso cosciente di consapevolezza assorto nello stato meditativo o stato alterato di coscienza. Durante tale stato egli è vulnerabile. Il Kavacha crea uno stato protettivo, confortevole, di fiducia in se stesso.

Arghya: Arghya è un gesto simbolico di ospitalità offerto al Devata. Come offriamo bevande e cibo per rispettare un'ospite a casa nostra, in modo simile, durante il Mantra Sadhana, noi invochiamo ed ivitiamo il Devata del Mantra, quindi una adeguata accoglienza è essenziale. L’Arghya è normalmente composta da una miscela di acqua, latte, yogurt, petali di fiori, kumkum, sandalo e cereali come il til (sesamo). La miscela verrà versata nella cavità delle mani e poi fatta scendere in un recipiente dedicato.
L'offerta di Arghya significa rinuncia dell'ego individuale ai piedi del Devata.

Completano la preparazione al Sadhana Mantra le sei parti seguenti o 'Shadanga':
Rishi, Chhandas, Devata,  Beeja, Keelaka e Shakti.

Rishi: Rishi è la persona che ha formulato il Mantra. Nella cultura vedica, il Rishi è un veggente. Il presupposto di ricordare il Rishi è un modo umile di mostrare gratitudine e riconoscenza. Questo atto di riconoscimento è il primo passo verso la dissoluzione dell’orgoglio personale e dell'ego. Il sentimento di gratitudine avvia lo stato mentale favorevole, congeniale alla invocazione del Devata del Mantra.

Chhandas: Chhandas denota la formazione grammaticale di parole in un ritmo particolare. Il Chhanda imposta la struttura delle parole e il numero di sillabe. Ciò guiderà la recita del Mantra in un particolare modo. Il modello attiva differenti punti nel cervello umano e aumenta ulteriormente l'ambiente psichico interno. Ogni Chhanda ha i propri attributi in grado di influenzare lo stato d'animo della persona che recita il Mantra.
I Chhandas sono classificate in due tipi: 1) Varnik Chhand (strofe alfabetiche) e 2) Matrik Chhand (strofe contenenti vocali brevi). I Mantra indù seguono le Chhandas delle rispettive Samhita e Shakha Vediche.

Devata: Il Devata del Mantra è la forma Divina che viene propiziata. L'elemento Deveta impegna la facoltà di visualizzazione della mente umana. Ogni Devata ha la sua Forma, Immagine, Colore, Postura, Gesto, Mudra, Ayudha, e Personalità. La pronuncia del nome del Devata genera una visione. Con la ripetizione continua il sadhaka potrà contemplare la forma del Devata. In definitiva, egli dimentica se stesso e si assorbe nella contemplazione della forma del Devata.

Beeja: Beeja è una singola lettera di alfabeto sanscrito e rappresenta, nel modo più breve possibile la forma del Devata. La forma del Beeja crea il percorso per la vibrazione energetica. Beejam ricorda il carattere di base (Tatva) del mantra. Per esempio Jala Tatva (morbido-soffice), Agni Tatva (duro-forte) ecc.

Keelaka: Keelaka significa perno. Ora, a che cosa serve un perno a riguardo della recita di un Mantra? Per comprendere il significato di Keelaka dobbiamo collegarlo con il perno che blocca una ruota in movimento dal non scivolare fuori dal suo asse. Sappiamo che l'energia di un Mantra è generato dalla mente della persona, sarà quindi importante tenerla centrata in un punto per non dissiparla. Questo viene fatto attraverso Keelaka. Alcuni la simboleggiano con la chiave di una serratura. Così, si pensa di Keelaka come la chiave per aprire la serratura della fonte del potere di un Mantra.

Shakti: Shakti significa potere o energia del Mantra. Questa è l'energia generata dalla recitazione del Mantra. E' da notare che ogni Mantra ha una sua forma di Shakti. Tuttavia, dobbiamo ammettere che oggi, non sappiamo molto sulle forme distinte di energia dei Mantra. La ragione principale è da attribuibile al fatto che la visualizzazione della forma vibrazionale energetica durante lo stato contemplativo della mente risulta molto, molto difficile.

Ora ci può essere più chiaro il motivo per cui non otteniamo tanto facilmente i tanto acclamati risultati della recita di un Mantra. Se ignoriamo queste  pratiche essenziali, come possiamo aspettarci gli effetti desiderati? La ragione di ciò la possiamo dividere in due parti. La prima è l'ignoranza di colui che agisce. La persona non conosce i prerequisiti essenziali. In secondo luogo, la difficoltà di trovare una persona qualificata che ci offra il Mantra adeguato. E' abbastanza comune ormai che le persone accettino un Mantra da qualsiasi fonte, sia esso un libro, un cosidetto guru o un’astrologo visto in televisione. In questo modo è del tutto possibile che i prerequisiti siano compromessi e il risultato nullo.

Sabda Suono



La percezione generale è che quando parliamo, il suono venga originato in gola dalle corde vocali.Ma quel che succede in realtà è che quando esprimiamo il desiderio di parlare, la nostra forza vitale (volontà-desiderio) nella forma di vayu, partendo dal muladhara chakra (la radice principale), sospinge Para, il suono sottile fino all'ombelico manifestandosi come Pasyanti, poi fino al chakra del cuore manifestandosi come Madhyama, e su ancora fino alla gola, la bocca, i denti e la lingua manifestandosi come Vaikhari, suono o parole udibili.
 
Sabda, suono è il guna di Aakasa. Il suo organo è l'orecchio esterno. Sabda può essere Vaidika (spirituale) o Loukika (materiale). In entrambi i casi, si compone di Aksharas o sillabe.
 
Proprio come Samkalpa - un pensiero puro, deve passare attraverso diverse fasi prima che effettivamente si manifesti come energia creativa concreta, cosi anche sabda deve passare attraverso diverse fasi prima che sia completamente udibile. Queste fasi sono definite come Para, Pasyanti, Madhyama e Vaikhari. Ogni livello di suono corrisponde ad un livello di esistenza, e la propria esperienza del suono dipende dalla raffinatezza della propria coscienza.
 
Durante il processo di creazione quando Purusha, l'anima si combina con Prakrti forma il primo principio Avyakta, da cui si evolve Mahat o Buddhi, il principio dell’intelligenza. Da Buddhi si evolve Ahankara il principio dell’Ego. Ahankara possiede tre qualità, Satva, Rajas e Tamas, da cui si manifestano rispettivamente gli organi sensoriali e motori, la mente e la forma sottile dei cinque elementi di base chiamati i Tanmaatras. Akasa costituita nella sua forma sottile è conosciuta come Aakasa Tanmatra e Sabda il suono è la sua qualità.
 
Secondo la Taitreeya Upanishad, Aakasa si è manifestato per primo. Da Aakasa si è manifestato Vayu, da Vayu, Agni, da Agni si è manifestata Jala e da Jala Prthvi. Così Aakasa è conosciuto come Param, cioè il primo tra i cinque elementi di base. La sua Sabda, attributo è Para. Al momento della creazione, questa Para si è manifestata come Bindu o particella sottile. Essa è conosciuta anche come Karana Bindu, la causa di tutte le manifestazioni sonore all'interno e all'esterno del nostro corpo.
Para significa il più elevato, l’irraggiungibile. Para vaak è il suono al di là della percezione dei nostri sensi. Para è la prima fase del suono nella sua fase non manifesta ed è la fonte di tutte le idee radicali e pensieri germinali. Al livello del Para-vaak non vi è distinzione tra l'oggetto e il suono. Il suono contiene in sé tutte le qualità dell'oggetto. Questa Karana bindu è Avyakta (significato non chiaro). Ma sottoposta a trasformazione a vari livelli, bindu, naada, e beja diventa Vyakta o trasparente (significato comprensibile). Prima della semina, il seme viene immerso in acqua per prepararlo ad assorbire le sostanze nutritive e crescere in un albero. Allo stesso modo, Para deve essere sottoposta ad alcune trasformazioni per manifestarsi come suono comprensibile a livello grossolano. Tutte le energie positive non manifestate dell'uomo come la Kundalini giacciono nello stato quiescente nel Muladhara chakra, la radice principale. Anche Para dimora  in questo chakra. Para Nada è un suono a così alta frequenza, da non provocare nessuna vibrazione. Dovuto al desiderio dell'uomo di parlare, con l'aiuto di vayu, Para viene sospinto fino al chakra Manipuraka al centro dell'ombelico e si trasforma in Pasyanti.
Para, stimolato e attivato dall'aria nel chakra radice, si trasforma in bindu, nada e beja  manifestandosi come suono a livello grossolano. Proprio come un seme messo a bagno in acqua e poi interrato si manifesta come foglie, fiori, frutta e albero, così Para nel chakra dell'ombelico subisce trasformazioni sottili che lo modificano in Pasyanti. Pasyanti letteralmente significa osservare o vedere il proprio sé. Nel suono la fase pasyanti manifesta qualità come il colore e la forma. Questo suono non può ancora essere udito da orecchie anatomiche. È più di un suono mentale ma la sua frequenza è minore del suono ad alta frequenza del Para Nada. Quando il suono è sospinto fino all'ombelico  dall'aria del corpo in forma vibratoria senza particolari sillabe (Varna), ma connesso con la mente, è noto come Pashyantì-vaak.
 
Quando Pasyanti, raggiunge il chakra Anahata o il centro del cuore, si trasforma in Madhyamà vaak. Madhyama significa letteralmente in mezzo o mediano. Qui vi è una netta distinzione tra il suono e l'oggetto che lo contraddistingue. Madhyama vaak è più un suono mentale che un suono udibile all’esterno. Il chakra Anahata è la dimora di suoni interiori chiamati Nada, che possono essere uditi solo dal nostro orecchio sottile (non l'orecchio anatomico). La parola Aahata significa colpito o battuto. Il suono prodotto esternamente battendo un tamburo è un esempio di Aahata sabda. I suoni di Anahata chakra non sono udibili alle orecchie esterne. Anahata nada può essere udito solo praticando lo yoga e la meditazione. Quando uno Yogi finalmente puo percepire questi suoni, diventa abile nel conoscere le cose nascoste, percepisce allora Para vak, sviluppa la visione divina e alla fine realizza il Para Brahman o la realtà suprema.
 
Il suono che ha compiuto tutto il percorso partendo dal chakra radice con la forza di vayu, e giunge alla gola, la bocca, i denti e la lingua, si trasforma in un suono articolato, udibile dall'orecchio esterno. Questo suono si chiama Vaikhari. Il vayu che sospinge il suono dal chakra Anahata fino alla gola si chiama Vikhara, e il suono, alla sua ultima tappa, che è la fonte di tutto ciò che viene detto e sentito a livello grossolano, è conosciuto come Vaikhari. Quando sabda è articolato dalla bocca, attraverso delle sillabe, questo discorso viene chiamato Vaikhari Vak.
 
Questi quattro livelli di suono corrispondono a quattro stati di coscienza. Para rappresenta la coscienza trascendentale. Pasyanti rappresenta la coscienza intellettuale. Madhyama rappresenta la coscienza mentale. E Vaikhari rappresenta la coscienza fisica. Questi stati di coscienza corrispondono ai quattro stati conosciuti tecnicamente come Jagrat, Svapna, Sushupti e Turiya: o lo stato di veglia, lo stato di sogno, lo stato senza sogni, e lo stato trascendentale.

Il suono è un prodotto della coscienza. In questo senso, il suono è indicato nell'insieme dei testi vedici come vak, o discorso.

Le proprietà dei tre stadi meno sottili Pasyanti, Madhyama, e Vaikhari sono: in Pasyanti-vaak risiede Iccha-shakti, la forza di volontà. All'interno del Madhyamà-vaak risiede Jnana-shakti, il potere del carattere e della conoscenza. E all'interno del Vaikhari-vaak risiede Kriya-shakti, o potere di azione.
 
Queste quattro fasi corrispondono anche ai quattro tipi di corpi. Lo Sthula sarira, o corpo fisico, opera nello stato di Jagrat (stato di veglia). Ed è in questo regno della coscienza, e attraverso questo corpo, che il Vaikhari-vaak si manifesta. Il Sukshma-sarira, corpo sottile o psichico, opera nello stato di Svapna. Ed è in questo regno della coscienza, e attraverso questo corpo, che il Madhyamà-vaak si manifesta. Il Karana-sarira, o corpo causale, opera nello stato di Sushupti, o sonno profondo. Ed è in questo regno della coscienza, e attraverso questo corpo, che il Pashyantì-vaak si manifesta. Il Para-vaak si manifesta attraverso il quarto stato di coscienza, conosciuto come Turiya, o trascendenza.
 
La seguente tabella illustra la relazione tra i quattro stadi di suono, i centri energetici coinvolti, lo stato di coscienza che rappresentano, il tipo di corpo e il potere della natura di volontà, conoscenza e azione.

FASI DEL
SUONO
CHAKRA
E ORGANI
LIVELLI DI COSCIENZA
TIPI DI CORPO
POTENZE
INTRINSECHE
PARA
MULADHARA
Coccige
TURIYA
Trascendentale
       ----------
         -------------
PASYANTI
MANIPURA
Ombellico
SUSHUPTI
Stato senza sogni
KARANA
Corpo Causale
ICCHA SAKTI
Potere della Volontà
MADHYAMA
ANAHATA
Cuore
SVAPNA
Stato con sogni
SUKSHMA
Corpo Psichico
JNANA SAKTI
Potere della Conoscenza
VAIKHARI
VISHUDDHA
Gola
JAGRAT
Stato di veglia
STHULA
Corpo Fisico
KRIYA SAKTI
Potere dell’Azione

lunedì 30 dicembre 2013

Chi è, cosa significa e come si canta il Gayatri mantra


Chi è gayatri

Vedavyasa ha spiegato che l'intimo significato del brahma-gayatri deriva dall'omkara. Gayatri è di genere femminile. Lei è la consorte di Brahma, ma  nel gayatri-mantra è scritto: "bhargo devasya dhimahi". Bharga significa potenza; essa è la hladini sakti conosciuta anche come mahabhava-svarupa (Srimati Radhika). Il ricettacolo supremo di krsna-prema è Radhika. Gayatri in realtà è una gopi. Krsna disse a Yogamaya: ''Devi fare in modo di ofrire a Brahma questa gopi; altrimenti lei non potrà essere una gopi parakiya (amante).'' Tutte le gopi sono sposate con altri gopa, perciò Krsna ordinò a Yogamaya di fare lo stesso arrangiamento anche per Gayatri-devi, per fare in modo che il suo amore fosse quello di un’amante. Per questo Gayatri fu data in sposa a Brahma. Lei non amava Brahma, amava solo Krsna. Il sentimento parakiya è il più alto, e Gayatri grazie a questo sentimento è diventata la servitrice di Srimati Radhika. L'essenza di tutta la letteratura vedica è Gayatri. Lei è Radhika Stessa, o la sua servitrice, e questo sentimento può comparire nel devoto che onora questo mantra. Queste verità sono state descritte da Srila Vyasadeva nel primo verso del Bhagavatam. Lui ha rivelato il significato del Gayatri-mantra.

om namo bhagavate vasudevaya
janmady asya yato 'nvayad itaratas carthesv abhijnah svarat
tene brahma hrida ya adi-kavaye muhyanti yat surayah
tejo-vari-mridam yatha vinimayo yatra tri-sargo 'mrisa
dhamna svena sada nirasta-kuhakam satyam param dhimahi
Srimad Bhagavatam 1.1

I miei rispettosi omaggi a Sri Krishna, figlio di Vasudeva, che e’ Dio, l’onnipresente Persona Suprema. Medito dunque su Sri Krishna, la Verita’ Assoluta, la causa prima di tutte le cause della creazione, mantenimento e distruzione di tutti gli universi manifestati. Egli e’ direttamente e indirettamente cosciente di tutte le cose manifestate ed e’ indipendente perche’ non c’e’ altra causa al di la’ di Lui. In origine, Lui e nessun altro insegno’ la conoscenza vedica al primo essere creato, Brahmaji, nel suo cuore. Per Suo volere, questo mondo, semplice miraggio, assume un aspetto tangibile anche per i grandi saggi ed esseri celesti.  Per Suo volere, gli universi materiali, prodotti illusori delle tre influenze della natura, appaiono come l’immagine stessa della realta’. Medito dunque su di Lui, Sri Krishna, che e’ la Verita’ Assoluta, eternamente vivente nel Suo regno trascendentale, per sempre libero dalle illusorie manifestazioni del mondo materiale.


Il significato del Gayatri mantra

"Solamente colui che coltiva le attività devozionali preliminari desiderando vivamente ottenere la perfezzione nella devozione può realizzare l'oggetto di tutti i suoi sforzi". (Brahma-samhita v, 60)
Questa importante citazione tratta dalla Brahma-samhità dimostra che il devoto desideroso e coscienzioso mantiene sempre lo scopo (prayojana) di krsna-prema nella mente e nel cuore. E non perde mai di vista il significato dell'esistenza poiché lo coglie in ogni parola, azione e meditazione. I mantra Gayatrì ci guidano verso Vrindavana.
"Un giorno il gurudeva di Gopa-kumara disse: Il Gopala-mantra esaudirà tutti i tuoi desideri. Perciò, se desideri ottenere Krsna, questo mantra esaudirà anche questo desiderio. Medita sempre sulla bellissima forma di Syàmasundara, sui Suoi divertimenti e qualità trascendentali. Se farai ciò, il mantra esaudirà il tuo desiderio di ottenere Krishna". (Brhad-Bhagavatamrta)
"Secondo la particolare forma del Signore sulla quale il devoto medita, in quella stessa forma il Signore Si manifesta al devoto. Il Signore dà al Suo servitore il potere di venderLo agli altri". (Caitanya-bhàgavata Madhya 23.465)
"O mio Signore, i Tuoi devoti possono contemplarTi attraverso gli orecchi grazie alla pratica dell'ascolto spirituale con cui essi purificano il loro cuore, che diventa allora il Tuo luogo di residenza. Tu sei così misericordioso verso i Tuoi devoti che Ti manifesti a loro nella particolare forma sulla quale essi meditano costantemente". (Srìmad Bhagavatam 3.9.11)
"Questa affermazione secondo cui il Signore Si manifesta al Suo devoto nella forma in cui il devoto sceglie di adorarLo, indica che il Signore Si sottomette al desiderio del devoto, al punto che Egli manifesta la Sua particolare forma come richiesta dal devoto. Se il Signore soddisfa così la richiesta del Suo devoto è perché Egli Si arrende davanti al servizio d'amore trascendentale che questi Gli offre. Questo fatto è confermato nella Bhagavad-gita (4.11): ye yatha mam prapadyante tams tathaiva bhajàmy aham (Come si abbandonano a Me, in proporzione Io li ricompenso).

Brahma-Gayatri

Il Sole illumina i 7 sistemi planetari ovvero bhur, bhuvah, svah. Il Sole sorge ad Est e da quel punto inizia ad illuminare ogni cosa. Il sole ottiene la sua sakti da Radhika. Radhika possiede tre tipi di luminosità: quella dell'universo spirituale (cit-jagat), quella dell'insieme delle entità viventi o jiva-jagat e quella del mondo materiale (maya-jagat). Insieme corrispondono alla suddha-cit ovvero la luminosità completa di Radhika, che include la jiva-sakti che è la luminosità parziale e la maya-sakti che corrisponde a una sembianza (abhasa) della Sua luminosità totale. Possiamo paragonare questa abhasa ai bagliori che provengono dal Sole quando non è ancora sorto, al mattino presto. Quella luce diffusa è un abhasa del Sole. Quindi questa sakti è savitur-varenyam: savitur significa Sole e varenyam significa aradhya o Srimati Radhika che è la varenyam del Sole, ossia l'origine della sua luce.

'Bhargo-devasya'. Devasya significa krsnasya-bharga, ovvero l'energia di Krsna che è Radhika. Questa energia o sakti è la varenyam del Sole, ovvero la sorgente da dove il Sole prende la sua luce. Lei è krsnasya-priya Radhika (devasya-bharga).

'dimahi': Io medito su bharga, quella sakti che è Srimati Radhika. Più precisamente significa che ci arrendiamo ai piedi di Srimati Radhika. Ci arrendiamo per ricevere la sakti da Radhika.

'diyo yo nah pracodayat': Prego Srimati Radhika e medito su di Lei. 'Diyo' significa divyam-bhuddi (intelligenza trascendentale). Prego che Radhika mi conceda questa intelligenza atma-bhuddi. 'Pracodayat' significa pravistha-rupena udayat, prego che Lei illumini il mio cuore con Se' stessa insieme a Krsna. Quindi preghiamo Radhika che si manifesti insieme a Krsna nella nostra atma-buddhi. Noi preghiamo quindi krsnasya-bharga.

“Io medito sulla radiosa dimora di Srì Srì Ràdhà e Krishna, la quale è trascendentale al di sopra dei tre mondi (fisico, mentale e intellettuale). Che la mia anima possa rifugiarsi nel servizio a Srimati Ràdhàràni, la quale serve Krishna in completa perfezione. Io medito su di Lei, che mi colma di entusiasmo e mi benedice con illimitato servizio amoroso”.

Guru-Gayatri

Il Guru-gayatri mantra si recita per ricevere la misericordia del Guru. Noi sappiamo che il Guru è Krsna-priya ovvero krsnanandaya-dimahi (che dà piacere a Krsna). Quindi pracodayat: ''Ti prego, appari e manifesta la tua forma nel mio cuore''. Noi desideriamo meditare sulla forma spirituale di Gurudeva.

Ci sono molti modi per meditare, in accordo alle qualifiche del devoto. Esistono tanti tipi di rasa e di livelli, come il santa, dasya, sakhya, e il devoto mediterà sul proprio Guru in base al sentimento che ha. Gurudeva dà piacere a Krsna in tanti modi. Con la sua forma da devoto ha predicato la missione di Mahaprabhu per compiacerLo.“mahaprabhoh kirtana-nritya-gita- vaditra-madyan-manaso rasena” “Cantando il Santo Nome, danzando in estasi, suonando strumenti musicali, il maestro spirituale è reso felice dal movimento del sankirtana di Caitanya Mahaprabhu”. Nel servizio alla Coppia Divina (yugala-seva) lui invece è una gopi. “nikunja-yuno rati-keli-siddhyai ya yalibhir yuktir apeksaniya” “Il maestro spirituale è molto caro a Krsna perché è esperto nell’assistere le gopi”.

Gopal Gayatri

Krsna stesso concede il sentimento delle gopi tramite questo mantra. Mantra significa la forma di Bhagavan (bhagavata-svarupa), e il sentimento delle gopi è la nostra forma spirituale interiore (siddha-svarupa). Il gopal-mantra è la siddha svarupa di Krsna stesso: krsnaya, govindaya, gopijanavallabhaya. Lui è anche Kama-deva e recitando questi mantra Krsna apparirà nel nostro cuore. Dopo aver recitato questo mantra per lungo tempo, si potrà raggiungere il sentimento delle gopi; così fecero i 60 mila rishi di Dandakaranya e le Sruti personificate. Loro diventarono gopi, e questo può essere possibile anche per noi. Attraverso questo sadhana, questo processo graduale, il sentimento delle gopi giungerà dall'alto, ovvero con un processo discendente. Questo è un siddha-mantra, un mantra della perfezione e quindi di certo ci porterà ad ottenere il sentimento (bhava). Noi non siamo nè maschi nè femmine, siamo servitrici di Sri Krsna. Questo non è un mantra per il corpo materiale; continuando a recitarlo, la nostra atma si manifesterà col sentimento delle gopi perchè è un suono trascendentale (sabda-brahma). Ascoltando, cantando e ricordando, sarà possibile realizzare tutto ciò.

Svaha significa la mia anima (atma). Dedico la mia anima all'ottenimento del sentimento delle gopi nei confronti di Krsna. Mi rifugio (asraya) nel sentimento delle gopi.

Se una giovane ragazza dice ad un giovane ragazzo: ''Tu sei mio marito, e io sono tua moglie'', nella cultura vedica lei lo dirà solo una volta nella vita. Durante la cerimonia del matrimonio i brahmini le chiederanno di pronunciare questa frase, e lei sarà sua moglie per tutta la vita. Quindi quando pronunciamo questo mantra, il nostro sentimento dovrebbe essere esclusivo allo stesso modo?

Mahaprabhu era sempre assorto nel sentimento delle gopi. Questo mantra è per l'atma-svarupa, cit-svarupa e non per il corpo materiale. Dobbiamo essere tadatma, aderenti a ciò che Mahaprabhu faceva: esternamente aveva una forma maschile, ma internamente era saturo dei sentimenti di Radhika, e le Sue azioni erano compiute da Radhika. Quindi il tadatma-bhava significa essere un tutt'uno col sentimento delle gopi.

Se un insetto diventa una farfalla è perchè ha meditato a lungo su quella forma. Similmente anche una persona dal corpo maschile, come ad esempio Ajamila praticando la recitazione del nome Narayana (vaikuntha upasana) ottenne alla fine la forma simile a quella di Visnu o Narayana a 4 braccia.

Come recitare il Gayatri mantra

Nella Bhagavad-gita Krishna dice che tra i sacrifici Egli è il japa yajna, il sacrificio del canto del japa. Con il termine japa Krishna Si riferisce qui al canto del Gayatrì. L'Agni Purana definisce il japa così: "La sillaba ja distrugge il ciclo di nascita e morte, e la sillaba pa distrugge tutti i peccati papa). Japa, perciò, è ciò che annienta tutti i peccati, arresta il ciclo di nascita e morte, e libera l'anima dalla schiavitù".
Ci sono due forme di japa: vacika (orale) e manasika (mentale). Ci sono due divisioni di vacika japa: 1) Silenzioso - la ripetizione del mantra muovendo le labbra ma non emettendo alcun suono; questo metodo è detto upamsu. 2) Sussurrante -la ripetizione del mantra muovendo leggermente le labbra ed emettendo un lieve suono o bisbiglio. Manasika japa (mentale o meditativo) si esegue concentrandosi mentalmente sul significato di ogni parola e sul concetto completo dell'intero mantra, senza muovere la lingua o le labbra, o emettere alcun suono. "Upamsu japa è cento volte meglio del japa orale, ma manasika japa è mille volte meglio". (Manu-samhita)
Manasika japa è molto difficile da eseguire in questa era di ansietà, agitazione e impurità mentale. Perciò gli acarya raccomandano vacika japa, cioè pronunciare i mantra quietamente e chiaramente, per allontanare l'ignoranza e l'apatia della mente. Bisogna praticare l'upamsu japa, il canto silenzioso, per purificare la mente dalla passione. Benché manasa japa sia più potente, questa forma di japa è possibile solo per i sadhaka che sono puri, tranquilli, e completamente sotto l'influenza della virtù (sattva-guna).

Secondo Hari Sauri Prabhu, Srila Prabhupada usava il metodo upamsu japa mentre cantava il Gayatrì. Si deve scegliere un metodo di canto secondo la propria qualificazione e l'istruzione del maestro spirituale.
Il mantra Gayatrì funziona e dà risultati quando si è situati al livello braminico di pulizia interna ed esterna. Per cantare il mantra Gayatrì con successo bisogna acquisire le qualità braminiche, come l'autocontrollo, l'austerità e la pulizia. Anche la purezza mentale acquisita cantando Hare Krsna ed eseguendo bhuta-suddhi e la concentrazione profonda sul significato dei mantra, sono requisiti indispensabili per ottenere il successo nel canto del Gayatrì.
Bisogna sedere perfettamente immobili (non muovendo la testa o passeggiando avanti e indietro) con la schiena dritta, poiché una posizione eretta mantiene i nervi saldi e aiuta nella concentrazione. Krishna dà la stessa istruzione nella Bhagavad-gìta (6.13): "Bisogna tenere il corpo, il collo, e la testa dritti su una linea retta e fissare lo sguardo sulla punta del naso". Evitando di muovere le labbra, la lingua o mostrare i denti, bisogna chiudere gli occhi e cantare in silenzio nella propria mente rimanendo profondamente assorti sul significato di ogni parola e del mantra completo. Riguardo al punto di non muovere la lingua, alcuni testi di yoga sostengono che la concentrazione aumenta tenendo la lingua fermamente contro il palato mentre si cantano i mantra nella mente.
Secondo lo yoga, "questo aiuta a far circolare il prana agendo come un ponte tra la testa e la parte frontale del corpo. Con questo la vostra aurea diventerà automatica-mente luminosa, ed è molto positivo per la salute, la mente e lo spirito". Naturalmente, un programma di yoga e pranayama per la salute non è il nostro obiettivo, tuttavia il principio è di usare tutto ciò che aiuta a concentrare la mente su Krishna e a non dimenticarlo mai. Se comunque qualcuno non può concentrarsi col canto silenzioso nella mente allora può muovere leggermente le labbra e impercettibilmente pronunciare il Gayatrì.
"Mentre canta il Gayatrì japa il sadhaka non deve muovere la testa, né mostrare i denti. Deve santificare la mente ritirandola dagli oggetti dei sensi, e meditare silenziosamente sul significato del mantra. Se il mantra rimane nella mente, e la mente rimane nel mantra (in altre parole, se la mente e il mantra sono uniti), allora le caratteristiche del Gayatri japa saranno rivelate. Nell'eseguire il japa, le dita devono essere tenute unite e leggermente contratte alla base. Se le dita sono separate, l'effetto del japa si disperderà attraverso gli spazi". (Harì-bhakti-vilasa diciassettesimo vilasa)
Benché qui siano dati diversi consigli a livello fisico, la mente è il fattore principale per cantare con successo il Gayatrì. La perfezione viene da una meditazione profonda, non dalla posizione seduta. Meditazione significa concentrarsi profondamente su Krsna che appare in forma di mantra (mantra-rupa). Il sadhaka deve focalizzare tutta la sua energia mentale e intellettuale sul mantra fino a quando esso gli rivelerà i suoi segreti. Brahmà, per esempio, si concentrò sul Gopala-mantra finché questo si manifestò pienamente nella sua coscienza. La meditazione è l'arte di saper entrare in comunione con Krishna, dopo averLo scoperto nell'intimo del proprio cuore.
Per evitare la sonnolenza e ottenere la massima concentrazione bisogna sedere nella posizione siddhasana o padmasana, la stessa che Brahma usò nel cantare il Gopala-mantra. "Rimanendo così seduti a cantare il mantra si può tenere il corpo dritto e questo ci aiuterà nei canto, evitandoci di cadere nella sonnolenza". (Srìmad Bhagavatam 7.15.31 spieg.)
Padmasana—Siedi sul pavimento su un seggio d'erba kusa, di lana o di seta. Solleva il piede destro sulla coscia sinistra tenendo la parte esterna del piede premuta sull'inguine. Spingi il ginocchio destro in avanti. Solleva il piede sinistro sulla coscia destra, e portalo all'inguine destro. Spingi ulteriormente i piedi sull'inguine e avvicina il più possibile i ginocchi. Siedi in posizione eretta, estendendo il busto in alto. Apri il petto, e rientra le scapole. Solleva il diaframma e rilassa il viso.
Se qualcuno non è in grado di eseguire asana o sedere in posizione eretta allora può sedere contro un muro o su una sedia stabile. Bisogna rimanere perfettamente immobili, respirare lentamente e profondamente, tenere la bocca chiusa, e la lingua ferma. Fissando la mente su Sri Guru, Sriman Mahaprabhu, e sui piedi di loto di Radha e Krishna o sull'ishta-devata personale, cantate con impegno, sentimento e abbandono totali. Meditate profondamente sul significato di ogni parola e sul concetto dell'intero mantra.
"Japa si riferisce al canto silenzioso dei mula mantra della Divinità, e dei mantra Gayatrì dati dal maestro spirituale. Cercate di realizzare che il mantra non è differente dalla Divinità che è adorata. Sedete correttamente su un asana, eseguite acamana, e coprite la mano destra con la veste superiore mentre cantate. Il conteggio sulle dita dei mantra che sono cantati non deve essere esposto alla vista". (Pancaratra Pradipa)
Non si otterrà mai lo scopo dell'esistenza mantenendo un'intelligenza mondana. Migliorando la qualità del canto, bhakti entrerà nel cuore e ci trasporterà ai piedi di loto di Giridhari. Il solo scopo del canto di questi mantra è di sviluppare il puro amore per Krishna. Il canto del Gayatrì è una potente forma di meditazione che produce grandi risultati quando eseguito con sincerità e serietà. Anche premamay Srimati Ràdhàrani medita profondamente sul Suo amato dopo l'offerta di preghiere al Suo ishta-devata.
Sri Ràdha disse: "Non è sbagliato quando la gente afferma che Gandharvika e Giridhari sono eternamente una sola anima. Perciò, O Giridhari Ti prego! Allo scopo di rendere felice questa metà della nostra anima, sii gentile e appari ora davanti ai Miei occhi!' Pregando in questo modo, Srimati Ràdhika chiuse gli occhi e meditò sull'amato della Sua anima, Sri Giri-dhari. Interrompendo tutte le attività dei Suoi sensi come una yogini, Radhika sedette immobile totalmente fissa in uno stato di silenzio ininterrotto". (Prema-samputa)
Tutti i vaisnava che prendono l'iniziazione (mantra-diksà) sono doverosamente vincolati a recitare il mantra Gayatrì puramente senza offese tre volte al giorno per tutta la loro vita. Lo stesso termine Gayatrì significa cantare (gaya) tre (tri) volte al giorno. Questo compimento quotidiano di riti religiosi in momenti programmati del giorno è chiamato ahnika. I mantra dati dal guru sono: Brahma-gayatrì, Guru-mantra, Guru-Gayatrì, Gaura-mantra, Gaura-Gayatri, Gopàla-mantra, Kama-gayatrì, Panca-tattva mantra e Harinama. Considerando questi mantra una forma del Signore Supremo, cantateli con grande fede, amore e attaccamento. Questi mantra non sono ordinari. Sono completamente trascendentali e pieni di illimitato potere spirituale.
Il Gayatrì deve essere cantato in un luogo silenzioso, santificato e tranquillo, idealmente vicino alle Divinità del tempio o alla Divinità personale. Si può solo immaginare com'era tranquilla Vrndavana cinquecento anni fa al tempo di Sri Rùpa e Sanatana Gosvàmi. Nondimeno, i Gosvàmi scelsero i luoghi più isolati per assorbirsi nel canto e compiere lila-smarana. A Gokula, Srila Sanatana Gosvàmi eseguiva il suo bhajana in una grotta a quindici piedi (circa quattro metri e mezzo) sotto terra. Raghava Pandita stava in una grotta a Govardhana, e a Unchagoan, Nàràyana Bhatta Gosvàmi aveva il suo bhajana kutìra a venti piedi (sei metri) sotto terra. Questi acàrya mostrano l'importanza di un "ambiente libero da distrazioni" per la corretta concentrazione nel bhajana.
Nel suo libro Harinama-cintamani, Srila Bhaktivinoda Thàkura spiega che la disattenzione o la distrazione sono le cause principali delle offese nel canto di Krishna-nama. Questo principio si applica anche al mantra Gayatrì.
Bisognerebbe sempre essere rivolti verso la Divinità quando cantiamo. Se non possiamo cantare davanti alla Divinità, gli sastra raccomandano di rivolgersi verso est ai sandhya del mattino e di mezzogiorno, e a nord al sandhya della.sera. Sedere vicino o rimanendo in piedi con l'acqua fino al petto in un fiume sacro come la Yamuna o il Ganga, o sulla riva dell'oceano o sulla cima di una montagna sono tutti luoghi propizi.
"Cantare il Gayatrì su un asana personale produce una volta il beneficio; cantare all'aperto produce 1.000 volte il beneficio; cantare sulla riva di un fiume produce 100.000 volte il beneficio; cantare davanti alla Divinità concede illimitati benefici". (Linga Purana)
"Il Gayatrì japa eseguito in un giardino di tulasi, in una goshala, o nella zona di un tempio, o alla presenza del guru, controlla con molto facilità la mente, e porta la perfezione e la gioia spirituali". (Tantrasara)
Non bisogna cantare il Gayatrì su un veicolo in movimento, o sul letto, o rivolti con la schiena verso il tempio, il fuoco, un albero pippal, o una massa d'acqua. Dopo aver scelto il momento e il luogo adatti, bisogna santificare la mente e la coscienza eseguendo acamana e cantando e meditando sul significato delle seguenti preghiere.